Le notizie che giungono da Santi Cosma e Damiano aprono una ferita dolorosa sul disagio esistenziale, un male contemporaneo che colpisce sempre più anche i più giovani , lasciandoci increduli mentre emergono tutte le fragilità di una società che ha bisogno di ancorarsi e non disunirsi.
Ad oggi le istituzioni riescono ad occuparsi solo della zona ‘nera ‘ dell’assistenza, quella legata ai casi manifesti e spesso già al limite.
Mentre, esiste una zona ‘grigia’ del disagio, che cresce silente, quasi nascosta e ancora troppo sottovalutata, di cui troppo spesso non ci si riesce a prendere cura. Quella zona cresce, si nutre di insicurezze, si insinua tra i più giovani, schiacciati dall’ansia di prestazione di un sistema sociale che li vuole impeccabili e pronti, che non ammette fragilità e pur professando la diversità, addita ed emargina chi non riesce a mantenere il passo di un tempo diverso da quello imposto.
E quel disagio non è frutto di difficoltà economiche, di ambienti difficili o di determinate classi sociali. È un malessere culturale, trasversale e dalle mille sfaccettature, talmente tante che, a volte, è difficile riconoscerlo sul volto anche di chi apparentemente sembra star bene.
Quelle fragilità, quel senso di inadeguatezza misto a solitudine, urlano di essere ascoltati e accolti da un sistema che non ha ancora trovato il modo di farlo attraverso politiche assistenziali che non siano solo temporanee e passeggere, ma efficaci, aperte a tutti e soprattutto a portata di tutti.
Ecco perché, il grande sforzo che si chiede oggi alle Istituzioni, è quello di trovare il modo di invertire una tendenza culturale tipica dei nostri tempi: nascondere la parte più intima di ognuno di noi, insieme a tutto quello che ci fa male.
L’assistenza psicologica deve entrare nei luoghi dei giovani, tra i giovani, deve muoversi nelle scuole e nelle università, non come diritto di pochi eletti, ma come strumento di crescita e supporto.
Non possiamo più permetterci sofferenze e perdite.
È il tempo di tendere la mano ai nostri giovani, di aiutarli a costruire quell’impalcatura necessaria a sorreggere il peso di quelle crisi che, almeno una volta, ognuno di noi ha provato. Quindi, ragazzi apritevi e non richiudetevi su voi stessi. Apritevi ai vostri amici, ai vostri familiari, ai vostri professori. Non abbiate paura. Troverete una mano ad accoglierci e qualcuno con cui condividere il peso che state portando da soli. Aiutateci ad aiutarvi.